Ricorso  per  conflitto  di  attribuzioni  promosso  dalla  regione
 Emilia-Romagna, in persona del presidente della Giunta regionale pro-
 tempore, dott. Pier Luigi Bersani, autorizzato con deliberazione G.R.
 n. 2533 in data 4 luglio 1995, rappresentata  e  difesa  per  mandato
 speciale  a  margine  dal prof. avv. Franco Mastragostino e dall'avv.
 Adriano Giuffre' ed elettivamente domiciliata  presso  lo  studio  di
 quest'ultimo,  in  Roma,  via  Collina n. 36 contro il Presidente del
 Consiglio dei Ministri  pro-tempore;  in  relazione  al  decreto  del
 Ministro  delle  risorse  agricole, alimentari e forestali in data 25
 maggio 1995 non ancora pubblicato e non portato a conoscenza  diretta
 della  regione  Emilia-Romagna,  con  il  quale  e' stato disposto lo
 scioglimento  del  Consiglio  di  amministrazione  e del Collegio dei
 sindaci di nomina assembleare del Consorzio  agrario  provinciale  di
 Piacenza e nominato commissario governativo del Consorzio medesimo il
 dott.  Antonio  Todisco (dirigente superiore amministrativo dei ruoli
 del Ministero a r.) fino al 30 settembre 1995.
                           PREMESSO IN FATTO
    Il Consorzio agrario provinciale di Piacenza e' gia'  stato  fatto
 oggetto  di  un  primo decreto del Ministero per le risorse agricole,
 alimentari e forestali (in data  6  dicembre  1994)  di  scioglimento
 degli  organi  di amministrazione (del Consiglio di amministrazione e
 del  Collegio  dei  sindaci)  e   di   nomina   di   un   commissario
 straordinario.  Cio'  sul  presupposto  che il bilancio del Consorzio
 "pur  chiudendo  al  31  dicembre  1993  in   pareggio   per   motivi
 riconducibili  a  proventi straordinari (|||), evidenzia un andamento
 negativo".
    Siffatto  provvedimento  e'  stato,  pressoche'   contestualmente,
 impugnato  innanzi  al  T.A.R.  per  il  Lazio  dai soci e membri del
 disciolto Consiglio di amministrazione (per  carenza  e  travisamento
 dei  presupposti  individuati  dalla  legge  (art.  35  del d.lgs. n.
 1235/1948 e art. 2543 del cod. civ.), carenza  e  travisamento  della
 motivazione,  mancato  avviso di avvio del procedimento, infondatezza
 nel merito) e dalla regione Emilia-Romagna con ricorso per  conflitto
 di  attribuzioni, ritenendosi arbitrariamente esercitato un potere ed
 arrogate funzioni che  sono  demandate  (oramai  pacificamente)  alla
 regione e non allo Stato.
    Il  T.A.R. per il Lazio, Sez. II, nella camera di consiglio del 15
 marzo 1995 ha sospeso  il  decreto  del  Ministero  con  la  seguente
 motivazione: il provvedimento "non indica ragioni di tale gravita' da
 giustificare  lo  scioglimento . . ed inoltre non risulta dato avviso
 dell'inizio del procedimento culminante nel  decreto  ministeriale  6
 dicembre 1994 . .".
    D'altro lato questa ecc.ma Corte ha fissato per la discussione del
 ricorso  promosso  dalla  regione  Emilia-Romagna la pubblica udienza
 dell'11 luglio 1995.
    Ora, a distanza di  due  mesi  dalla  sospensione  del  decreto  6
 dicembre  1994,  il  Ministero  per le risorse agricole, alimentari e
 forestali ha emesso un altro decreto in data 25 maggio 1995,  con  il
 quale  viene nuovamente disposto - ma per motivi del tutto differenti
 - lo scioglimento del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei
 sindaci del Consorzio agrario provinciale di Piacenza e  nominato  un
 commissario straordinario nella persona del dott. Antonio Todisco.
    I nuovi presupposti individuati consisterebbero in pretese carenze
 formali   e   nella   mancanza  di  trasparenza  nella  attivita'  di
 alienazione di immobili non strumentali del Consorzio (in realta'  e'
 un'unica vendita che riguarda l'immobile, attuale sede del consorzio;
 alienazione  rientrante  nel  Piano  di risanamento, gia' approvato e
 comunque condivisa dal Ministero).
    Tale  decreto,  anch'esso  non   comunicato   alla   regione,   e'
 indubbiamente  atto  autonono ed indipendente rispetto al precedente,
 per fondarsi su circostanze (risultanze della ispezione  ministeriale
 disposta  con  nota  n.  130763  dell'8  aprile 1995) successivamente
 intervenute e su motivi del  tutto  diversi  da  quelli  che  avevano
 originato il primo decreto.
    Tuttavia lo stesso e', in qualche modo, collegato al precedente in
 quanto  provvede  al  commissariamento  per  la  realizzazione  delle
 necessarie  attivita'  gia'  avviate  e  preordinate  all'alienazione
 (ritenuta  necessaria  dal  Ministero),  nelle more della sospensione
 disposta dal T.A.R. per  il  Lazio  del  pregresso  provvedimento  di
 commissariamento  del Consorzio (di cui al decreto in data 6 dicembre
 1994).
    Il decreto del  Ministro  in  data  25  maggio  1995  e',  quindi,
 reiterata  manifestazione  di  arbitrario esercizio di un potere e di
 prerogative che non spettano allo Stato, ma alle Regioni.
    Per questo aspetto, dunque, la regione Emilia-Romagna  solleva  il
 presente   ricorso   per   conflitto   di   attribuzioni  avverso  un
 provvedimento distinto ed autonomo  del  Ministero  nel  quale  viene
 esplicitamente affermata, in quanto pretesamente fondata sulla legge,
 la  competenza  dello  stesso Ministero in ordine alla "vigilanza sui
 consorzi agrari ai sensi dell'art. 35 del d.lgs. n. 1235/1948".
    Non senza sottolineare, per converso,  che  nel  caso  in  cui  il
 decreto  del  25  maggio  1995  dovesse  ritenersi  atto  derivato  e
 riconducibile nell'alveo del precedente decreto 6 dicembre  1994,  si
 ravviserebbe  allora un ulteriore preliminare motivo di conflitto per
 violazione del diritto di difesa della Regione, laddove  risulterebbe
 del  tutto  mortificata  e  vanificata  la  linea difensiva regionale
 proposta ed accolta innanzi al T.A.R. per il Lazio.
    Valgano, comunque, i seguenti motivi di
                                DIRITTO
    Illegittimita' del decreto del Ministero delle  risorse  agricole,
 alimentari  e  forestali  in data 25 maggio 1995 per violazione degli
 artt. 117 e 118 della Costituzione  in  riferimento  all'art.  2  del
 d.P.R.  15  gennaio  1972, n. 11; agli artt. 66 e segg. del d.P.R. 24
 luglio 1977, n. 616; agli artt. 1, secondo comma e  2,  terzo  comma,
 della legge 4 dicembre 1993, n. 491. Violazione dei principi generali
 in  materia  di riparto di competenze fra Stato e Regioni. Eccesso di
 potere per travisamento dei presupposti.
    Il punto in discussione e sul quale il Ministero ha esplicitamente
 rivendicato, nel fondare la legittimazione alla adozione del  decreto
 25  maggio  1995,  la  permanenza  di  un  potere  governativo, e' la
 spettanza della funzione di vigilanza sui  Consorzi  agrari  che,  in
 base  al  combinato  disposto  dell'art. 35 del d.lgs. n. 1235/1948 e
 degli artt. 2542-2545 cod.  civ.  spettava,  prima  della  attuazione
 della riforma regionale, al Ministero dell'agricoltura.
    Occorre,   al  proposito,  innanzitutto  chiarire  che  e'  regola
 generale che le attribuzioni assegnate dalla  legislazione  nazionale
 antecedente   all'istituzione   delle   regioni  a  specifici  organi
 dell'amministrazione pubblica, e' rivelatrice della sussistenza di un
 interesse pubblico meritevole di tutela (e, quindi, fonda  una  norma
 sostanziale  istitutiva  di una funzione pubblica), ma non pregiudica
 affatto la successiva riallocazione delle relative funzioni agli enti
 territoriali.
    Cosi' - un esempio tra i tanti - il fatto che gli artt. 12 e segg.
 del cod.  civ.  riservassero  agli  organi  governativi  le  funzioni
 concernenti  le associazioni e le fondazioni, non ha affatto impedito
 che le stesse venissero delegate alle regioni dall'art. 14 del d.P.R.
 n. 616/1977.
    E'  nella legislazione di trasferimento e in quella di settore che
 va percio' ricercata la regola  della  ripartizione  delle  funzioni,
 poiche'  le  indicazioni derivanti dalla legislazione previgente sono
 niente affatto concludenti.
    Sotto un profilo piu' generale, dal trasferimento  delle  funzioni
 alle  regioni  operato  con  i  decreti  del  1972 e con il d.P.R. n.
 616/1977, risulta evidente che  alle  regioni  spettano  le  funzioni
 amministrative  relative alla vigilanza ed alla tutela esercitata nei
 confronti  degli  "enti,  consorzi,  istituzioni  ed   organizzazioni
 locali" operanti in materia agricola, nell'ambito di un'unica regione
 (art. 11 del d.P.R. n. 11/1972); nonche' il trasferimento di tutte le
 funzioni  relative  ai  soggetti  singoli  o associati che operano in
 agricoltura, con particolare riferimento alla cooperazione.
    Poiche', viceversa, nell'elenco tassativo delle  funzioni  che  in
 materia  sono  trattenute  dallo  Stato  non  vi e' alcun accenno che
 consenta  di  ritenere  trattenute  anche  funzioni   relative   alla
 vigilanza  sui Consorzi agrari, e' normale assunto della dottrina che
 tali  funzioni  siano  oramai  trasferite  alle  regioni  (cfr.  M.S.
 Giannini, Diritto pubblico dell'economia, Il Mulino, 1977, pag. 244).
    Del  resto,  neppure  l'argomento della pretesa strumentalita' dei
 Consorzi  agrari  rispetto  alla  programmazione  agricola  nazionale
 presenta, oggi, una qualche consistenza e ragion d'essere.
    Come  si  e'  gia'  avuto  occasione  di  mettere  in evidenza, la
 supposta prevalenza dei  compiti  di  spettanza  statale  svolti  dai
 Consorzi  nell'ambito della politica agricola e della regolazione del
 mercato era il vecchio  argomento  sulla  base  del  quale  il  primo
 precedente  in  materia  -  la  sentenza  di  codesta ecc.ma Corte n.
 63/1969 - aveva ritenuto la spettanza allo Stato  delle  funzioni  di
 vigilanza sui Consorzi agrari (la Corte ritenne, allora, che fosse di
 competenza  del Ministero e non della regione Fiuli-Venezia Giulia la
 nomina di un  componente  del  Collegio  sindacale  di  un  Consorzio
 agrario).
    Una tale posizione di partenza, fra l'altro contesa gia' all'epoca
 in  dottrina  (cfr.  S. Bartole, in nota alla sentenza n. 63/1969, in
 Giur. Cost., 1969, 1018 ss.), deve ritenersi oggi ampiamente superata
 sia  a  seguito  del  trasferimento  delle  funzioni   amministrative
 completato  nel  1977,  sia  in relazione alla circostanza che per la
 politica agricola-alimentare e per l'attuazione delle  programmazioni
 di  settore  lo  Stato  ha  istituito  da  tempo una propria azienda,
 l'AIMA, ora riordinata nell'EIMA (cfr. d.-l. 26 maggio 1995, n. 192).
    Ad essa e' riservato l'intervento sul mercato, sicche' le funzioni
 relative all'attuazione  della  programmazione  di  settore  ed  alla
 regolazione del mercato che inizialmente avrebbero potuto interessare
 i Consorzi, sono oggi gestite da tutt'altra organizzazione.
    L'istituzione  dell'AIMA  (con  legge  n. 303/1966, riordinata con
 legge 14  agosto  1982,  n.  610)  ora  trasformata  in  EIMA,  quale
 strumento   di   intervento  statale  nel  mercato  agricolo,  toglie
 qualsivoglia  residuo  coinvolgimento  dei  consorzi  provinciali  in
 questa attivita'.
    Sotto  questo  profilo,  pertanto,  la  giustificazione  che aveva
 ispirato la sentenza della Corte n. 63/1969  -  per  cui  i  Consorzi
 agrari  provinciali sarrebbero strumenti dell'intervento pubblico sul
 mercato agricolo e percio' dominati  dall'interesse  nazionale  -  e'
 oramai  affetta da palese anacronismo.  Altri sono i mezzi e le forme
 dell'intervento statale sul mercato (appunto attraverso l'AIMA/EIMA),
 mentre  la  funzione  dei Consorzi agrari si e' ridotta sensibilmente
 alla  mera  cura  degli  interessi   degli   operatori   consorziati,
 tipicamente riferibili alla dimensione locale.  Del resto, altrimenti
 ragionando  si arriverebbe alla assurda conseguenza di sottrarre alle
 regioni qualsivoglia competenza sugli operatori economici in  materia
 agricola.    Il  che  e'  smentito dalle ampie attribuzioni, da tempo
 riconosciute nel settore e che vanno dalla attuazione della normativa
 CEE sulle imprese agricole, alla cooperazione, al  lavoro  giovanile,
 al  "miglioramento  fondiario"  e  "l'ammodernamemto  delle strutture
 fondiarie", agli  interventi  di  "incentivazione  e  sostegno  della
 cooperazione  e  delle  strutture associative per la coltivazione, la
 lavorazione ed il commercio dei prodotti agricoli"  (lett.  b)  e  c)
 dell'art. 66, d.P.R. n. 616/1977), alla "costruzione e la gestione di
 impianti  per  la  raccolta,  la  conservazione,  la  lavorazione, la
 trasformazione e la vendita di prodotti agricoli e  zootecnici  (art.
 67, primo comma, d.P.R. n. 616/1977).  Infine, "pacifica" per la piu'
 autorevole  dottrina (cfr. L.  Paladin - Dir. Reg. 1992, pag. 183) e'
 ritenuta la competenza delle  regioni  quanto  alla  "disciplina  dei
 consorzi  di  miglioramento agrario e fondiario".  Inconsistente deve
 poi ritenersi l'argomento, utilizzato dall'Avvocatura  nella  memoria
 di  costituzione  depositata  nel  primo  ricorso  per  conflitto  di
 attribuzioni, secondo cui il fatto che i Consorzi siano  presenti  in
 tutto  il  territorio  mostrerebbe  che  essi fanno parte di un'unica
 "rete" nell'interesse del mondo agricolo.
    Lo  stesso  ragionamento,  infatti,  potrebbe  essere   speso   in
 riferimento,  ad  esempio,  agli enti turistici, per i quali, invece,
 opera un sicuro trasferimento alle regioni.
    Anche se si volesse ritenere dubbio il trasferimento alle  regioni
 delle  funzioni  relative  ai Consorzi agrari a seguito del d.P.R. n.
 616, va notato che con la legge n. 491/1993  e'  stato  soppresso  il
 Ministero dell'agricoltura e foreste; al suo posto e' stato istituito
 il Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali. A questo
 proposito va notato che:
      1)  La  soppressione del Ministero dell'agricoltura e foreste e'
 stata determinata da un referendum promosso dalle regioni;
      2) Il nuovo ministero e' un Ministero "senza  portafoglio",  con
 funzioni  di  coordinamento  e  non di amministrazione attiva. Le sue
 competenze, che sono enumerate (mentre la norma di trasferimento alle
 regioni e' residuale) non consentono in  alcun  modo  di  fondare  la
 permanenza  di poteri di vigilanza sui Consorzi. Tanto e' vero che la
 stessa legge, all'art. 6, lett. c) (pure richiamato dall'Avvocatura),
 impone al Governo di liberare il  Ministero  dalle  residue  funzioni
 relative  agli  enti  vigilati  (anche  mediante  trasferimento  alle
 regioni);
      3) Se, del resto, smentendo l'opinione  prevalente,  si  volesse
 ritenere  (come  sembre fare il Governo nella motivazione del decreto
 de quo) che le funzioni ministeriale di vigilanza  sui  consorzi  non
 erano gia' state trasferite alle regioni con i decreti del 1972 e del
 1977  e  si  ritenesse  che  tali funzioni non rientrino, con effetto
 immediato, nel trasferimento disposto  dall'art.  1  della  legge  n.
 491/1993,  ma che la sua effettivita' e' condizionata dall'emanazione
 di  un  regolamento  governativo,  sottoposto  ad  un  termine   solo
 ordinatorio (di novanta giorni), gia' abbondantemente scaduto, allora
 non  vi  sarebbe  altra  strada  che  - previa sollevazione d'ufficio
 davanti  a  questa  Corte  della relativa questione di legittimita' -
 dichiarare l'incostituzionalita' della stessa legge  n.  491/1993  in
 quanto:
        a)  viola l'art. 75 della Costituzione nella parte in cui, pur
 a  seguito  dell'avvenuta  abrogazione  della  legge  istitutiva  del
 Ministero  agricoltura e foreste a seguito del referendum abrogativo,
 ripristina in capo alla  nuova  struttura  ministeriale  funzioni  di
 amminnistrazione attiva incidenti su materie di competenza regionale;
        b)  prevede  come solo eventuale e, per di piu', affidato alla
 discrezionalita' del Governo, il trasferimento di dette funzioni alle
 regioni;
        c) prevede che, qualora tale trasferimento  sia  deciso,  esso
 avvenga con atto amministrativo, anziche' legislativo, con violazione
 della  riserva  di  legge  posta  dalla VIII disp. della Costituzione
 (secondo quanto affermato da questa Corte gia' con  le  sentenze  nn.
 39/1971 e 143/1973).
    Cio'  premesso,  non  par  dubbio  che  il reiterato esercizio del
 potere di vigilanza sui Consorzi agrari  e'  un  esempio  emblematico
 della  persistenza di visione centralistico-burocrativa della materia
 "agricoltura" che persiste, nonostante la successione di  atti  tutti
 rivolti alla regionalizzazione della materia.
    La  logica  centralistica  che  continua  ad  ispirare l'agire del
 Ministero rappresenta una  inaccettabile  invasione  di  attribuzioni
 regionali,  in  palese spregio del principio di legalita', se e' vero
 che il provvedimento  qui  censurato  e'  successivo  alla  legge  (4
 dicembre  1993,  n.  491), che ha rimodellato l'apparato ministeriale
 con le tassative attribuzioni di cui sopra si e' detto.